Il 21 marzo, com’è noto, è molte cose. Primo giorno di primavera. Giornata mondiale della poesia. In Italia, giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. In molte città, scuole, piazze, teatri, non sono mancate anche quest’anno le manifestazioni per l’una e per l’altra ricorrenza. A Milano 50.000 persone hanno partecipato alla manifestazione di Libera, e mai come in questi casi si nota, per fortuna, l’altissima presenza di ragazze e ragazzi.
Tuttavia, con un poco di sussulto, è capitato anche di vedere alcune scolaresche riunite in una sala ad ascoltare un signore (un attore, credo) vestito da Geronimo Stilton, con dietro due belle pubblicità di un libro della serie dedicata al direttore dell’Eco del Roditore, dedicato, ovviamente, alla legalità.

Senza nulla togliere al personaggio di una delle collane editoriali di maggior successo degli ultimi anni, iniziative di questo genere fanno sempre tornare alla mente l’impertinente e pure ineludibile domanda su quanta coerenza ci sia tra il proclamare fini nobilissimi e utilizzare per raggiungerli le correnti leggi del marketing e, soprattutto, quale sia il reale livello di apprendimento dei ragazzini e delle ragazzine che partecipano a questi momenti di spettacolo-promozione-vendita. In poche parole: “portano a casa” più i contenuti (sicuramente nobilissimi e civilissimi) che sentono proclamare o il soddisfacimento della passione da fans, magari corredata di autografo e selfie, che rimane, come sempre in questi casi, l’epidermica soddisfazione di aver partecipato a un ‘evento’ che si consuma in se stesso?
Quando, come direbbe una cara saggia amica, si “portava bene” La gabbianella e il gatto – libro, film, spettacolo teatrale o altra forma di merchandising -, storia di accoglienza e rispetto delle diversità, capitò di assistere ad una vera rissa tra padri che accompagnavano le figlie ad una recita scolastica nella quale si metteva in scena il libro di Sepulveda, causata da dissensi sulla posizione che le bambine dovevano occupare sul palco.
O, anche, potrei ricordare la mamma che magnificava nella riunione di classe l’avanzatissimo grado di sperimentazione didattica e di senso civico della giornata sull’educazione stradale svolta a scuola, con la presenza di una vigilasse che aveva spiegato ai bambini e alle bambine alcune regole del codice della strada, anche con esempi pratici in cortile. La stessa mamma che, al termine della riunione, caricò la figlia a bordo della sua automobile, dirigendosi imperterrita a fare un tratto di strada in senso vietato, per evitare un giro più rispettoso dello stesso codice della strada che le sarebbe costato qualche decina di metri e qualche minuto in più.
Per quanto noi ci si dica educatori attenti alla corretta trasmissione delle regole è sempre – sempre! – dal comportamento concreto e dall’esempio che i bambini e le bambine imparano di più. L’ educazione ciNica batte sempre l’educazione ciVica. Lo ha messo in luce una persona come Gherardo Colombo, che di regole e legalità se ne intende sicuramente molto molto più di me, e forse anche di Geronimo Stilton, scrivendo un libro prezioso come AntiCostituzione. Come abbiamo riscritto (in peggio) i princìpi della nostra società (Garzanti editore. Milano, 2023).

Fuor di ogni retorica, Colombo prende in esame la carta fondamentale della Repubblica e ne riscrive molti articoli, provocatoriamente ma con quella adesione alla realtà delle cose che è il punto di partenza per l’elaborazione di un pensiero critico prima di tutto onesto con se stesso, analizzando i comportamenti concreti e mettendoli a confronto con le dichiarazioni di principio.
Un solo esempio (ma il libro è davvero da leggere tutto e da tener presente come riferimento ogniqualvolta si provino sussulti analoghi, o peggiori, di quello causato dall’immagine del topo giornalista che parla di legalità). L’articolo 34, nel dettato costituzionale, recita:
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
L’autore lo riscrive così:
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e solo per certi aspetti gratuita. Ai più capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, sono concessi gli strumenti per raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica non rende effettivo questo diritto selezionando i meritevoli e i capaci con concorsi per borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, e destinando le risorse complessivamente disponibili prioritariamente a settori non educativi.
E’ dunque purtroppo vero, come direbbe il poeta, avvalendosi della musica e della voce di Lucio Battisti, che “al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti”. E se i giardini di marzo, per ricordare com’è doveroso e necessario le vittime innocenti delle mafie, continuano ad essere innaffiati con iniziative che predicano bene e mirano più al soldo che all’efficacia concreta di ciò che si propone, forse la siccità sociale, oltre a quella ambientale che stiamo drammaticamente sperimentando, non è lontana.
Il titolare di un ministero che si è voluto chiamare dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, il primo giorno di primavera l’ha passato in Veneto, rilasciando queste dichiarazioni, rimarcando il ruolo della scuola come luogo in cui “deve partire la lotta alla mafia. Dobbiamo insegnare ai ragazzi il senso dello Stato, la cultura dei doveri e della responsabilità”. Come non essere d’accordo? Come non essere d’accordo con La gabbianella e il gatto e con il rispetto del Codice della strada? Peccato che lo stesso prof. Valditara, come ricorda il sito Wired: https://www.wired.it/article/valditara-ministro-istruzione-merito-gelmini/
Ha incominciato a occuparsi di istruzione proprio durante la sua carriera parlamentare, diventando il relatore al Senato della cosiddetta riforma Gelmini (dal cognome dell’ex ministra della Scuola Mariastella Gelmini), causa di 10 miliardi di tagli al bilancio di scuola e università, di cui 8,5 miliardi solo all’istruzione e il resto all’università, come riportano diversi studi della Commissione europea.
I soldi sottratti al settore educativo dalla riforma, divisa tra le leggi numero 133, 169 e 240, sono stati usati per “salvare” Alitalia dall’acquisizione da parte di Air France. Salvataggio inutile, dato che la compagnia di bandiera si è trovata quasi immediatamente di nuovo in perdita, per poi entrare in una crisi finanziaria nel 2017, cessare definitivamente le sue attività nel 2021 e venire acquistata da Ita airways. Nel frattempo, i tagli della riforma hanno tolto al sistema di istruzione italiano 10 mila classi, 90 mila cattedre, 30 mila supplenti e 44 mila posti per il personale non docente. Mentre sul fronte universitario portò i finanziamenti sotto la media europea, dimezzando le risorse destinate ai servizi per studenti e studentesse.
Meriti mica da poco, come si può vedere. Forse, insieme ai “piccoli libri della legalità”, bisognerebbe suggerire ai ragazzi e alle ragazze di tener conto anche del “grande libro del confronto tra le belle parole e i tristi fatti”.

Carlo Ridolfi